L’oroscopo di Gesù

Il mistero che avvolge il momento della nascita di Gesù ha appassionato e incuriosito molti teologi, biblici, storici ed astrologi di ogni epoca. Quello che si può dire sicuramente oggi è che la sua nascita non coincide di certo con il 25 dicembre dell’anno zero, anche se questa certezza non modificherà la tradizione di festeggiare il Natale qualche giorno dopo il solstizio d’inverno. Tanto più che è tutta la mitologia, e non solo la religione cristiana, a far coincidere la nascita degli dèi solari al 25 dicembre, giorno in cui il sole riprende astronomicamente a muoversi dopo quattro giorni di arresto (sosltizio deriva dal latino solstitium, composto da sol-sole e sistere-fermarsi)

Molte fonti autorevoli concordano nel delimitare l’evento natale del Messia tra il 7 e il 6 a.C., periodo in cui si verificò per tre volte la congiunzione Giove-Saturno nel segno dei Pesci. Fu questa configurazione astrale, visibile e molto luminosa nei cieli notturni del Mediterraneo, ad essere stata scambiata come la stella cometa di cui si racconta nel Vangelo di Matteo, che brillò nel cielo di Betlemme all’arrivo dei re magi dall’Oriente. Essi provenivano dall’antica Babilonia, luogo in cui l’astrologia era molto diffusa e dove sarebbe stata prevista proprio in quegli anni la nascita del “dominatore del mondo”. Tale ipotesi sembra avvalorata da due versetti nel secondo capitolo di Matteo: “Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo di re Erode, ecco dei magi arrivare dall’oriente a Gerusalemme, dicendo:”Dov’è il re dei Giudei? Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo”.

La tentazione di indagare sulla nascita di Gesù non rimase circoscritta nell’ambito esoterico, ma sconfinò  anche nell’erudito mondo scientifico. Pare che il primo ad occuparsene fu Gerolamo Cardano, genio eclettico nato alle soglie del Cinquecento, che nel corso di una vita tribolatissima si occupò di molte cose. Oltre ad essere un medico di professione, inventò il giunto che porta ancora il suo nome e che congiunge lo sterzo delle automobili ai semiassi delle ruote anteriori. Fu anche un grande matematico con la passione del gioco d’azzardo, grazie al quale gettò le basi del calcolo delle probabilità. Ma fu anche astrologo, e una volta si dice che fece l’oroscopo a Gesù Cristo, molto probabilmente facendo fede alla congiunzione Giove-Saturno in Pesci di cui si narra nella Sacra Scrittura. Qualche decennio dopo, nel periodo in cui l’astronomia capovolse coraggiosamente la teoria geocentrica, forse il dogma della Chiesa più duraturo e ostinato, il mistero della nascita di Gesù contagiò un altro grande scienziato dell’era moderna. E’ il mese di dicembre nell’anno 1603 quando il celebre Keplero, che con le sue tre leggi getterà le basi dell’astronomia moderna, osserva nel cielo di Praga la luminosissima congiunzione di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci. I suoi calcoli lo portano a stabilire che lo stesso fenomeno deve essersi verificato anche nel 7 a.C. Sempre Keplero scoprì un antico commentario alla Sacra Scrittura del rabbino Abarbanel, dove si ricorda che, secondo una credenza ebraica, il Messia sarebbe apparso proprio quando Giove e Saturno avessero unito la loro luce in cielo nel segno dei Pesci.

Più di due secoli dopo è il danese Munter a scoprire un commentario ebraico al libro di Daniele, risalente al periodo medioevale, in cui alcuni dotti giudei descrivevano la congiunzione Giove-Saturno nei Pesci come un “segno del cielo” che accompagnava la nascita del Messia. I calcoli di Keplero trovarono un’ulteriore conferma in un antichissimo papiro egizio, conservato ancor oggi a Berlino e pubblicato nel 1902 col nome di Tavola planetaria, dove sono riportati con esattezza i moti dei pianeti osservati dal 17 a.C. al 10 d.C. Qualche anno più tardi, nel 1925, venne ritrovato il Calendario stellare di Sippar, tavoletta in terracotta con scrittura cuneiforme, proveniente dalla città sulle rive dell’Eufrate che fu sede di una famosa scuola di astrologia babilonese. Nel documento sono elencate le date precise della triplice congiunzione di Giove-Saturno nel 7 a.C.: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre. Anche la simbologia astrologica usata nell’antica Babilonia pare consolidare l’ipotesi di una nascita del redentore: Giove era il pianeta dei dominatori del mondo, Saturno il pianeta protettore d’Israele, mentre la costellazione dei Pesci era associata alla “Fine dei Tempi”, cui doveva coincidere l’inizio di un’era messianica.

La data e l’ora precisa della nascita di Gesù Cristo (domenica 1 marzo 7 a.C., Betlemme ore 1:21) sono state ipotizzate dal reverendo Don Jacobs (1927-1981), biblista e astrologo americano, studioso che più di ogni altro si è dedicato alla ricostruzione dell’oroscopo virtuale di Gesù. Molto probabilmente si tratta di ipotesi effettuate a posteriori, in modo da far corrispondere le posizioni dei pianeti e il loro significato simbolico con quanto si racconta della vita di Gesù Cristo. Alla congiunzione Gove-Saturno nei Pesci Don Jacobs fa coincidere anche quella di altri pianeti (Sole, Luna, Venere, Urano), ipotizzando tra l’altro la nascita di Gesù in una notte di Luna Nuova, simbolo per antonomasia di un ciclo che si rinnova. Tenuto presente che la congiunzione di questi sei pianeti avviene ogni cinque milioni di anni, ciò potrebbe comprovare l’eccezionalità di un evento come quello che annuncia la nascita di un Messia.

E’ plausibile anche che il reverendo abbia stabilito l’ora di nascita in modo da far cadere l’ascendente nel segno del Sagittario, che spesso viene associato alla spiritualità e alla religiosità. L’inizio di marzo come data di nascita garantisce invece che un cumulo di sei pianeti si trovi nel segno dei Pesci, tra l’altro in opposizione al pianeta Plutone, noto simbolo astrologico di resurrezione.  A rafforzare l’impronta pescina dell’oroscopo c’è poi il trigono (120 gradi, evidenziato dalla riga blu più lunga nell’oroscopo) che Nettuno, governatore di questo segno, forma con lo stellium di pianeti nei Pesci. Perché l’enfasi di un segno come quello dei Pesci potrebbe rendere credibile l’oroscopo di Gesù e quindi, indirettamente, anche l’ipotizzato momento della sua nascita? Autorevoli astrologi, che in epoca recente si sono occupati anche di psicologia, sono concordi nel ritenere i seguenti tratti caratteriali come caratteristici del dodicesimo segno zodiacale: identità plasmata sul collettivo, conflitto altruismo-vittimismo (identità del “martire”), conflitto idealizzazione di sé – autodistruzione, vocazione al sacrificio, spirito di abnegazione, fuga dalla realtà (illusioni, avventure estreme, onirismo, misticismo, alcool, droghe), rassegnazione passiva generalizzata (tendenza all’autolesionismo e al masochismo psicofisico).

Non avremo mai la prova che il reverendo Don Jacobs abbia sollevato definitivamente il lembo su uno dei più grandi misteri della storia dell’umanità. Di certo si continuerà a fantasticare e a giocare con libere associazioni psicologiche e deduzioni a posteriori. E chissà se forse un giorno un dubbio aleggerà sulla nostra fede cristiana e giungeremo a concludere che, al pari di altre divinità solari della mitologia antica, Gesù Cristo non sia mai nato ma ancora eternamente presente tra noi, con le immortali vesti psicologiche  di un archetipo, quello dell’eroe sofferente che redime la collettività dai peccati.

Il tempo del “giusto accadere”

Nell’antichità il tempo, oltre che essere inteso come cronologia di istanti, era anche considerato come sequenza di momenti qualitativi. Oggi è difficile farsi un’idea di cosa sia la qualità del tempo. La teoria del tempo qualitativo afferma che ogni momento del tempo attrae a sè soltanto quegli eventi con qualità a lui simili. Una tale concezione del tempo era tipica soprattutto dell’astrologia, della magia, dell’alchimia e della medicina; ad essa facevano riferimento i saggi e i sapienti, gli unici ritenuti in grado di interpretare il futuro.

Nel mondo antico ci si preoccupava sempre di iniziare “nel momento giusto” una qualsiasi cosa (nuova nascita in una famiglia regnante, celebrazione di nozze regali, possibilità di un intervento bellico, proclamazione di uno Stato), dato che quell’evento sarebbe poi proseguito in base alla qualità del tempo in cui ha avuto inizio. Per questo i sacerdoti facevano l’oroscopo, per “guardare nell’ora” dell’evento (hora-ora, skopein-guardare) e benedire gli sviluppi futuri che ne sarebbero seguiti in base alla posizione planetaria di quel momento.

Jung diceva che “tutto ciò che è generato o fatto in un certo momento del tempo ha le qualità di quel momento del tempo”. Allo stesso modo, Goethe immaginò il momento della nascita come lo stampo di una moneta che vive nel tempo:

Allo stesso modo in cui nel giorno in cui nascesti il sole si offrì al saluto dei pianeti, così in seguito crescesti in base alla legge di quell’ora. Così dev’essere, sfuggire non puoi. Già lo dissero profeti e sibille, e nessun tempo e nessuna forza può spezzare la forma già coniata che vivendo si evolve.

Il marchio di qualità dell’esistenza umana, secondo il drammaturgo tedesco, era dunque impresso nell’oroscopo astrologico, la “legge dell’ora” in cui “il sole si offrì al saluto dei pianeti”. Gli eventi della vita di un individuo tendono ad accadere, dunque, in sintonia con le qualità archetipiche riflesse nella dislocazione dei pianeti al momento della nascita. Il musicista e astrologo Dane Rudhyar sosteneva che “gli eventi non accadono ma siamo noi che accadiamo ad essi”. Per tale motivo, dobbiamo ritenere il libero arbitrio di un essere umano inesorabilmente condizionato dagli eventi che sono a lui peculiari, quelli cioè che possiedono la stessa qualità dell’istante della sua nascita.

C’è senz’altro un tempo uguale per tutti, quello degli orologi che fissano gli appuntamenti delle nostre agende, ma c’è altresì un tempo soggettivo, il cui flusso scorre in conformità alla legge di nascita e ai futuri transiti dei pianeti. Nel suo capolavoro Essere e Tempo Martin Heidegger distingue tra tempo oggettivo-quantitativo, quello della quotidianità e dell’omogeneizzazione, che ci incatena in un “fare inautentico” privo di senso esistenziale, e tempo soggettivo-qualitativo, dove il tempo rispecchia l’essere e dove l’accadere dei nostri eventi è l’unico tempo per agire. E’ questo il tempo autentico del principio d’individuazione, dell’unico destino che ci spetta dall’istante di nascita, in cui non conta quanto vivo e cosa faccio, ma come vivo e chi sono.

Anche i Greci distinguevano tra chronos, il tempo lineare e regolare, del prima e del poi, della vita che conduce alla morte anonima, che Aristotele chiamava tempo “delle azioni imperfette”, e kairos, il tempo del “giusto accadere”, opportuno e propizio, unico e irripetibile, destinato in sorte a chi lo riconosce come proprio. Una scultura in bronzo di Lisippo riproduce Kairos come un giovane di bell’aspetto, che dà l’idea di fugacità giacchè dotato di ali alle spalle e ai piedi. Ha capelli solo sulla parte anteriore del capo, e se lo si vuole acchiappare non c’è possibilità di attesa o ripensamenti, poiché una volta passatoci davanti diventa inafferrabile, dato che la sua nuca è calva. Con la mano sinistra tiene una bilancia, che viene spostata dal suo equilibrio naturale con l’indice della mano destra.

La sua effige sembra ricordarci gli instabili e fuggevoli momenti della giovinezza, in cui si sfida il conformismo degli adulti e si ha il coraggio di vivere l’estasi del momento, come un’equilibrista sospeso ad un filo. Kairos è un demone fugace, un daimon che ci segue come un’ombra, che ci trasporta in una dimensione sovrumana e si manifesta come ispirazione o tentazione. E’ la divinità del carpe diem, che arresta il tempo e che impone la pienezza dell’istante, come quella che sancisce il patto tra Faust e Mefistofele:

Se dirò all’attimo: sei così bello, fermati! Allora tu potrai mettermi in ceppi, allora sarò contento di morire! Allora suoni la campana a morto, allora non dovrai servire più; l’orologio si fermi, la lancetta cada, e sia passato il tempo che mi è dato.