L’eterno ritorno dell’amore

   La distanza tra l’amore che dura per l’eternità e il desiderio che brucia in attimi passione è una questione atavica e tuttavia irrisolta del genere umano. All’inizio del secolo scorso fu Freud a sostenere che il destino del desiderio nella vita amorosa è quello di scindersi tra la tenerezza per la propria compagna e la spinta sessuale verso nuove conquiste, e che dunque esiste un rapporto inversamente proporzionale tra la durata del rapporto e l’intensità del desiderio, tra l’amore che vuole durare con lo Stesso e il desiderio che vuole il Nuovo per continuare a desiderare.

    Alle soglie del nuovo millennio fu il sociologo Zygmund Bauman a denunciare il pericolo della mutevolezza e dell’instabilità nelle relazioni amorose. Amore mutevole e instabile, simile ad un liquido che non sa durare nel suo stato di solidità, tipico dell’eroe moderno delle relazioni, una persona senza legami, illusoriamente libera e priva di troppe responsabilità, essere paradossale diviso tra la sicurezza dell’appartenere a relazioni ampie e la paura di rimanere impigliato in legami singoli. L’amore della modernità liquida si prospetta perciò come un amore mercenario, consumistico, bulimico. E’ un amare che è un po’ come fare lo shopping in centro, quando l’ebbrezza del nuovo acquisto dà una temporanea adrenalina, destinata presto a fare la fine della merce scaduta che si usa e getta. L’amore-merce ci riporta di nuovo a Freud, in particolare al suo assunto che vede l’inconciliabilità tra l’amore che ama tutto dell’Altro e il desiderio sessuale per il “feticcio”, localizzato in una parte del corpo (il seno, il sedere, gli addominali, i pettorali). La passione diventa allora anonima, parziale, oggettuale, e come ogni oggetto, suscettibile di una permutazione seriale senza fine.

    Nel suo libro Mantieni il bacio, Massimo Recalcati invita a riconsiderare l’amore che sa durare alla tentazione del Nuovo, l’amore che sa fare dello Stesso il Nuovo. Un amore che sa elevare la persona amata alla dignità di un oggetto non seriale ma insostituibile, impareggiabile, unico, con il suo nome, il suo odore, la sua voce, i suoi occhi, le sue imperfezioni corporee. Un amore che sa perennemente rinnovarsi e ritornare ai suoi momenti iniziali, alla casualità fortuita e fortunata del primo incontro, alle emozioni del primo sguardo che ti chiudono la bocca dello stomaco, ai sapori del primo bacio che resistono in bocca, alle ingenue ma convinte promesse del “ti amerò per sempre”. Ogni amore degno di questo nome sfida sempre il tempo, perché vorrebbe durare per sempre. Ma l’amore che vuole durare per sempre deve saper ritornare al tempo delle sue origini, ritrovando la sua magia iniziale e rendendo eterna la sua fiamma. Dice Recalcati: “Lo scorrere del tempo non implica necessariamente la corruzione e la degradazione dell’origine. Piuttosto – ed è questo il miracolo della durata – rinnova in ogni momento quella stessa origine perché è proprio nel presente, nel nostro presente più quotidiano – nell’adesso – che è sempre presente, la possibilità di altri primi sguardi, in quanto il primo sguardo non è semplicemente lo sguardo che è già stato, al passato, alle mie, alle nostre spalle, dal quale irreversibilmente ci allontaniamo, ma è lo sguardo che non cessa mai di essere il primo sguardo. L’incanto, il miracolo della durata è che questo sguardo – il primo sguardo come il primo bacio – può accadere ancora, ancora un’altra volta ancora.”

    Più di mezzo secolo fa è stato Mircea Eliade a distinguere il tempo profano dal tempo sacro. Il primo è il tempo lineare, il tempo della frenesia quotidiana, il tempo dei Casanova seriali e dell’amore mercenario, dove gli attimi si susseguono tutti uguali, uguali come i corpi e le facce che alimentano il desiderio del Nuovo e soddisfano il godimento acefalo. Il secondo è il tempo ciclico, il tempo dell’eterno ritorno, il tempo dell’uomo primitivo con i riti e i tributi alle divinità della natura, il tempo dei miti, il c’era una volta delle fiabe. E’ solo in esso che facciamo esperienza della sacralità atemporale degli archetipi, dove tutto accadde per la prima volta e iniziarono le infinite imitazioni delle gesta divine da parte degli esseri umani. E così, rinnovando il ricordo del primo sguardo e del primo bacio, noi imitiamo gli amori di Eros e Psiche, di Ares e Afrodite, per ritornare ad un’epoca senza tempo e permettere ai nostri rapporti di durare in una lotta strenua tra caducità ed eternità