Perché festeggiamo il Natale e il Capodanno

    Vi siete mai chiesti perché siano tanto importanti per le società di ogni latitudine i festeggiamenti di Natale e Capodanno? Perché c’è un interesse così diffuso nel mondo di onorare il rito della natività cristiana o quello dell’inizio di un nuovo anno? I motivi, in verità, vanno ben al di là di questioni religiose o ritualistiche, giacché hanno a che fare con dinamiche psichiche a sfondo sociale.

    Si potrebbe dire, in estrema sintesi, che l’uomo desidera inconsciamente abolire lo spazio e il tempo per ritrovare la famiglia dei suoi simili. Sembrerebbe una duplice necessità un po’ paradossale, specie in un’epoca moderna caratterizzata sempre più da spostamenti spaziali e frenesie temporali. Eppure, come insegna Mircea Eliade, antropologo rumeno e storico delle religioni, le società di ogni tempo – primitive, culturali, antiche e moderne – prediligono da sempre compattarsi periodicamente attorno a due elementi essenziali della vita pubblica: il “centro” e l’”inizio”.

   Il “centro” è un unico punto dove tutte le direzioni convergono e lo spazio svanisce. E’ per esempio il punto in cui è avvenuto l’atto divino della creazione cosmica, narrato in tutte le mitologie e le cosmogonie, oppure è il luogo che veniva consacrato con la costruzione di un altare o di un tempio, per poi raccogliere attorno a sé i fedeli di una comunità. Più semplicemente, il centro è anche la piazza principale o la chiesa di ogni paese, in cui tutta la collettività si riunisce e si ricompatta. Un simbolo mitologico di centro è l’albero cosmico (detto anche Axis Mundi) che congiunge il Cielo, la Terra, l’Inferno e su cui tutto l’universo si sostiene. Per questo motivo, fare l’albero di Natale significa ancor oggi ricongiungerci ad un centro, ovverossia annullare lo spazio che separa la nostra abitazione dal centro dell’universo sociale, facendola coincidere con esso.

    L’”inizio” è invece un generico tempo zero, un non tempo, un istante eternamente presente. E’ il tempo della creazione o dell’atto cosmogonico, oppure il tempo mitologico in cui avvennero le gesta eroiche delle divinità in ogni cultura, oppure ancora l’imprecisato c’era una volta delle fiabe, dove sono cristallizzati tutti gli archetipi comportamentali – le paure di Cappuccetto Rosso, le scappatelle di Zeus, le gelosie di Era, la verginità di Persefone, lo stupro di Ade, gli amori di Eros e Psiche, le ire di Ares e di Medea – che da sempre influiscono sulle dinamiche inconsce degli esseri umani. E così, il 25 dicembre diventa l’inizio emblematico della cristianità, natività per eccellenza. Lo stesso presepe sotto l’albero natalizio non fa che riunire l’inizio del tempo con il centro dello spazio. Il Capodanno, dal canto suo, oltre che essere l’inizio cronologico dell’anno solare, coincide simbolicamente con l’inizio della creazione cosmica. Le esplosioni di petardi e dei fuochi d’artificio stanno a rappresentare a loro volta l’esplosione cosmica, il big bang da cui tutto ha avuto origine. Non è neppure un caso che tra Natale e l’Epifania, con la quale terminano le festività, intercorrono esattamente dodici giorni, cioè quanti sono i mesi dell’anno. Le festività natalizie vengono dunque ad essere l’eterna replica dell’anno solare, con la quale ogni società annulla l’ordinario fluire del tempo.

   Rimane da chiarire perché l’uomo desideri abolire inconsciamente lo spazio e il tempo. Innanzitutto, va detto che l’abolizione dello spazio e del tempo sono le condizioni necessarie per accedere all’inconscio, luogo in cui, come già insegnava Freud, le categorie di spazio e di tempo vengono a mancare (come avviene di frequente in sogno, il linguaggio privilegiato dell’interiorità psichica). L’abolizione dello spazio e del tempo, con il ritorno periodico al centro e all’inizio, permette perciò all’uomo dall’identità smarrita di ritrovare inconsciamente il suo gruppo di appartenenza. In altre parole, le ritualità sono benefiche a livello inconscio perché la collettività, attraverso di esse, restituisce un senso esistenziale a tutti i suoi componenti. Non dovrebbe allora sorprendere perché nella nostra epoca moderna, dove i valori coesivi delle famiglie e dei gruppi vengono sempre meno, lo scambio degli auguri è divenuto un gesto sempre più importante e ricorrente, con il quale, al di là del significato rituale in sé, l’individuo manifesta il suo inconscio bisogno di ritrovare una famiglia su scala sociale per non sentirsi più tanto solo.