Il business economico delle manipolazioni scientifiche

La ricerca scientifica di ultima generazione si basa esclusivamente sulla pubblicazione in riviste specializzate, dal momento che avere nel curriculum un buon numero di articoli scientifici equivale a garantire avanzamenti di carriera e finanziamenti ai dipartimenti scientifici. Ovviamente non tutte le riviste sono uguali; esiste infatti una gradazione di importanza che si misura con l’impact factor, ossia “quante” volte il resto della comunità scientifica ha citato un articolo di quella rivista.

Chi oggi vuole fare carriera all’università, senza aspettare tempi biblici, ricorre a una serie di espedienti il cui range di gravità va dall’etica dubbia fino ai casi di vera e propria truffa. A raccontare alcuni episodi nella video inchiesta on line del Corriere della Sera di alcuni mesi fa non sono persone frustrate da una carriera andata male. «Accade in un numero di volte straordinariamente imbarazzante – dice il prof. Macino, accademico dei Lincei (massima organizzazione in campo scientifico italiano) – che dei referees rallentino la pubblicazione del lavoro di un collega, competitor nello stesso settore, solo per avere l’opportunità di pubblicare prima quel risultato».

Immagini al photoshop, articoli mai scritti, revisioni pilotate_ i trucchi di alcuni ricercatori per fare carriera e avere più fondi – Corriere TV

I ricercatori più giovani, che non hanno ancora molte pubblicazioni all’attivo, ricorrono ad altri trucchetti, uno su tutti lo scambio delle firme. Siccome ai fini dei concorsi non c’entra se si è autore unico di una ricerca o si è pubblicato con altri colleghi, si offre ad amici o conoscenti di firmare un lavoro di cui magari non hanno competenza. Ovviamente l’altro ricercatore farà lo stesso con le sue pubblicazioni ed entrambi raddoppiano i lavori in curriculum. Una concorrenza dunque da “mercato delle vacche”, aggravata dai casi di manipolazione dei dati scientifici. È lo stesso Macino che ricorda uno studio recente, che stima del 5% le pubblicazioni nel mondo con studi falsi. Uno dei più famosi esempi è quello di un ricercatore americano, che decantò i vantaggi dell’economia di un’Islanda che qualche mese dopo sarebbe stata travolta da un crisi senza precedenti. Che l’anomalia c’entrasse col fatto che l’autore dello studio era anche un consulente del governo islandese? Altri falsi scientifici si sono verificati per il caso “stamina” o per gli studi sul riscaldamento globale. Per anni i governi di tutto il mondo hanno ritardato gli interventi per arginare il riscaldamento globale, proprio perché c’erano ricerche che sostenevano che il riscaldamento globale non esisteva.

Diversi sono poi i casi in cui le conclusioni a cui giunge una ricerca vengono evidenziate come corrette, mentre non lo sono le argomentazioni usate per dimostrarle. Ciò avviene poiché i referees, quelli che approvano o bocciano una ricerca, quasi sempre non visionano l’intero contenuto di uno studio ma solo le conclusioni che se ne traggono.

Non qualche “mela marcia” dunque ma un vero e proprio sistema, esploso negli ultimi anni e che si fonda su un mix pericoloso di raccomandazione, manipolazione scientifica e business economico. Ma un aspetto ancora più grave è, secondo me, quello di dare un valore esclusivamente quantitativo alla scienza, riducendo qualità, correttezza e onestà intellettuale a parametri secondari se non inutili. Sarebbe come equiparare l’articolo di Albert Einstein pubblicato nel 1905 sulla teoria della relatività ristretta, punto di svolta per l’intera umanità, ad un qualsiasi articolo a cento nomi, nato da speculazioni e “copia incolla” di articoli simili precedenti. Oppure sarebbe come premiare carriere in ambito giudiziario per un maggior numero di sentenze emesse piuttosto che per la giustizia delle stesse. Forse è giunto il momento di dare un migliore esempio morale ed educativo alle nuove generazioni di studenti prima che sia troppo tardi, anche perché i pilastri del futuro dovrebbero poggiare soprattutto su questo.

 

Eccentricità di massa in facebook

Uno tra i fenomeni sociali più frequente degli ultimi anni è quello che potremmo definire come neoanticonformismo di massa, che si caratterizza principalmente per la ricerca coatta di “originalità personale condivisa”. L’esempio più diffuso in cui ciò avviene quotidianamente è Facebook, social network che si basa sul paradosso di una ricerca di unicità che attende la legittimazione consensuale di un gruppo di persone. Il tipico fruitore di Facebook assomiglia oggi a quello che Italo Borrello definisce il “dandy della porta accanto”, e cioè l’uomo medio (o mediocre) scarsamente dotato di gusto e cultura, che aspira a elevarsi socialmente attraverso atteggiamenti e scelte da finto intenditore. Finto intenditore per esempio che presume di conoscere uno scrittore solo perchè venuto a conoscenza di un paio di aforismi, trovati casualmente su internet e successivamente condivisi. Ma il finto intenditore genera il finto eccentrico che, intrappolato all’interno di illusori meccanismi di imitazione e di riproduzione, vive nell’ansia di trovare una cassa di risonanza per la sua presunta unicità. I social networks diventano così vetrine utilizzate per esporre o raccontare qualcosa di sé che si ritiene intimamente speciale, nell’attesa di un’approvazione del gruppo scelto come rappresentanza sociale della propria identità. Il neodandy vivrà allora una vita che nulla ha di unico, di inimitabile, stravolgendo la legge fondamentale dell’eccentricità e del dandismo, e cioè quella di vivere “ex-centrum”, che letteralmente significa “fuori dal centro”.

Nel suo libro Esemplarità pubblica Javier Gomá osserva: “Ciò che caratterizza più profondamente la volgarità moderna è, certamente, il sentimento di livellamento di ciascun membro all’interno della massa, ma sempre che si consideri che ciascun io è uguale ad un altro paradossalmente proprio nel desiderio di essere diverso, originale, particolare, ecc…Ecco quindi una massa integrata di un’innumerevole quantità di autocoscienze irripetibili, esteticamente uniche. Il risultato, che conferisce tono alla contemporanea volgarità democratica, è una massa di soggettività ovvero un soggettivismo di massa: tutti identici nella loro pretesa di essere unici. Nel momento in cui pretendono di essere differenti, essi si confermano come appartenenti al mucchio delle mediocrità senza virtù”.

La vera eccentricità, il vero “sentirsi diverso”, ha bisogno di un “coraggio della diversità”. Rischiare di seguire una propria orbita personale significa perdere il riferimento di comodi centri gravitazionali; e spesso, per fare ciò, serve un bagaglio di esperienze e di conoscenze costruite nella solitudine dei nostri sacrifici e delle nostre stanze. Jung diceva che bisogna saper distinguere tra vera individualità e falso individualismo; è questo, senza dubbio, il difficile ma principale compito da svolgere nella nostra esistenza.

La straordinaria esperienza del mistero

Cari amici,

volevo comunicarvi l’apertura del sito www.robertodaris.it. In verità si tratta di un rivoluzionario restyling di un sito precedente con contenuti decisamente diversi. Per usare un noto riferimento dantesco, “nel mezzo del cammin della mia vita” ho sentito la necessità di cambiar pelle, un po’ come un serpente che, guarda caso, nella mitologia è sempre metafora di partenogenesi e autorinnovamento.

Per tanti anni sono stato, per tutti quelli che mi conoscevano, il fisarmonicista Roberto Daris che di lavoro insegna matematica all’università. Anche per me, fino ad una decina di anni fa, il primo pensiero dopo il caffè mattutino era abbracciare la mia cara fisarmonica e fare qualche nota per iniziare bene la giornata. Poi la metamorfosi: l’interesse per l’astrologia, la psicologia, la mitologia, la fisica quantistica, ed ecco che piano piano la mia vita ha preso una strada diversa. I miei compagni di viaggio non erano più Piazzolla, Bartok e Stravinskij ma Platone, Jung e Gurdjieff. Oggi pile disordinate di libri fanno da arredo in ogni angolo della mia casa, ed è così che ogni mattina, dopo il caffè, non posso più iniziare bene la mia giornata se non leggo o scrivo qualcosa. La musica e la fisarmonica? Non posso dire di averle abbandonate, ma di certo non sono più le priorità della mia agenda quotidiana. La cosa strana però è che, pur esercitandomi molto meno, suono meglio di prima. Questo mi fa pensare che, probabilmente, ho trovato la mia strada, quella cioè in sintonia con il “vero me stesso”.

Negli anni, dopo aver approfondito lo studio della psicologia, ho compreso che la musica e i concerti facevano parte più del destino irrealizzato di mio padre che dei miei obiettivi personali. Per lui, quello portato per la musica, che suonava il clarinetto, che balla e che canta in coro ancor oggi, io ero il vanto da esibire. Ho capito che suonare, per me, è stato un modo di stargli vicino, di dimostrargli amore, di non tradire i suoi sogni e le sue aspettative su di me. Di recente mi sono avvicinato a mio padre in un modo diverso, per esempio facendogli capire che deve essere fiero, ed io assieme a lui, delle cose che fa benissimo, come la coltura degli ulivi o la costruzione di recinti in pietra. Ed è così che entrambi possiamo dire oggi di essere felici delle cose che facciamo, liberi da tutte le inutili e dannose proiezioni psicologiche.

Il nuovo sito è stato pensato e organizzato da Alberto Lorusso, vent’anni fa mio studente ad Economia ed oggi carissimo amico che ringrazio infinitamente. L’intento è quello di condividere, con voi e con altri futuri utenti, le mie nuove passioni sugli argomenti elencati nella sezione “pagine”. Periodicamente verrà poi pubblicato un mio articolo, sul quale potremo scambiare opinioni e riflessioni comuni e di cui riceverete notifica se vi aggiungete ai “contatti”.

La mia speranza è duplice: diffondere quelle conoscenze che hanno destato in me tanta meraviglia e divulgare curiosità sui misteri dell’esistenza. Il grande Albert Einstein diceva: “Quella del mistero è la più straordinaria esperienza che ci sia data di vivere. E’ l’emozione fondamentale situata al centro della vera arte e della vera scienza. Da questo punto di vista chi sa e non prova meraviglia, chi non si stupisce più di niente è simile a un morto, a una candela che non fa più luce”.