Matematica e amore

E’ ormai vent’anni che insegno matematica, una disciplina che possiamo tutti ritenere, anche senza particolari competenze, come quella scienza che è logica e ragionamento per antonomasia. Così come, almeno per chi è giunto a un’età sufficiente per  disilludersi che la donna (o l’uomo) ideale non esistono, possiamo definire l’amore come la cosa più irrazionale e imprevedibile, e quindi in un certo senso antitetica alla matematica.

Negli ultimi anni della mia vita, dopo reiterati fallimenti amorosi, mi sono appassionato di psicologia, sperando probabilmente di trovare, da matematico ottimista quale sono, una soluzione ai miei problemi relazionali. Ho scoperto così la teoria di Jung, che non mi ha dato le soluzioni che cercavo ma, perlomeno, mi ha fatto capire che, se ci imbattiamo sempre nello stesso tipo di partner, la colpa non è del destino ma di uno strano riflesso della nostra psiche.

Le leggi dell’amore non seguono dunque i percorsi razionali delle leggi matematiche. Qualora cercassimo una logica nell’amore, non faremmo altro che aggiungere probabilmente un altro errore che, per ironia della sorte, si andrebbe a sommare a quelli relazionali. Se l’amore appartiene al regno della psiche e la psiche appartiene al regno ambiguo e ambivalente dei dualismi, l’unica cosa che possiamo asserire con certezza (applicando la regola matematica della transitività) è che “l’amore è ambiguo e ambivalente”. E questo non potrà mai conciliarsi con il principio “causa-effetto” dei ragionamenti logici, e neppure con i teoremi della matematica in cui ad un’ipotesi segue sempre una tesi. L’innamoramento invece è convivenza di opposti dentro di noi, di istinti ambivalenti, di amore e odio che si inseguono e che, nella loro danza, decidono cinicamente delle nostre sofferenze ma anche necessariamente della nostra evoluzione personale. L’amore è allora più simile alla fisica, quella quantistica, che ci ha spiegato agli inizi del secolo scorso che tutta la natura è ambivalente, così come ci ha mostrato in modo sorprendente e bizzarro che un’onda luminosa potrà anche essere di natura particellare (basti pensare ai chirurgici raggi laser o ai penetranti raggi X).

Se l’amore non è logica, possiamo almeno sperare che in ogni ragione logica dell’esistenza umana sia nascosto il mistero dell’amore. Così la pensava anche John Nash, matematico americano reso celebre dal film A Beautiful Mind. Malato di schizofrenia ma insignito del Nobel per l’Economia all’età di 66 anni, la sera della consegna del premio pronunciò le seguenti commoventi parole: “Ho sempre creduto nei numeri, nelle equazioni e nella logica che conduce al ragionamento, ma dopo una vita spesa nell’ambito di questi studi, io mi chiedo cos’è veramente la logica, chi decide la ragione. La mia ricerca mi ha spinto attraverso la fisica, la metafisica, l’illusione, e mi ha riportato indietro. Così ho fatto la più importante scoperta della mia carriera, e anche la più importante scoperta della mia vita: è soltanto nelle misteriose equazioni dell’amore che si può trovare ogni ragione logica. Io sono qui stasera solo grazie a te (riferendosi alla moglie Alicia, seduta in sala, l’unica donna della sua vita, quella che tanti anni prima fu la studentessa di fisica che, appena diciassettenne, si innamorò di lui). Tu sei la ragione per cui io esisto, tu sei tutte le mie ragioni.”

Eccentricità di massa in facebook

Uno tra i fenomeni sociali più frequente degli ultimi anni è quello che potremmo definire come neoanticonformismo di massa, che si caratterizza principalmente per la ricerca coatta di “originalità personale condivisa”. L’esempio più diffuso in cui ciò avviene quotidianamente è Facebook, social network che si basa sul paradosso di una ricerca di unicità che attende la legittimazione consensuale di un gruppo di persone. Il tipico fruitore di Facebook assomiglia oggi a quello che Italo Borrello definisce il “dandy della porta accanto”, e cioè l’uomo medio (o mediocre) scarsamente dotato di gusto e cultura, che aspira a elevarsi socialmente attraverso atteggiamenti e scelte da finto intenditore. Finto intenditore per esempio che presume di conoscere uno scrittore solo perchè venuto a conoscenza di un paio di aforismi, trovati casualmente su internet e successivamente condivisi. Ma il finto intenditore genera il finto eccentrico che, intrappolato all’interno di illusori meccanismi di imitazione e di riproduzione, vive nell’ansia di trovare una cassa di risonanza per la sua presunta unicità. I social networks diventano così vetrine utilizzate per esporre o raccontare qualcosa di sé che si ritiene intimamente speciale, nell’attesa di un’approvazione del gruppo scelto come rappresentanza sociale della propria identità. Il neodandy vivrà allora una vita che nulla ha di unico, di inimitabile, stravolgendo la legge fondamentale dell’eccentricità e del dandismo, e cioè quella di vivere “ex-centrum”, che letteralmente significa “fuori dal centro”.

Nel suo libro Esemplarità pubblica Javier Gomá osserva: “Ciò che caratterizza più profondamente la volgarità moderna è, certamente, il sentimento di livellamento di ciascun membro all’interno della massa, ma sempre che si consideri che ciascun io è uguale ad un altro paradossalmente proprio nel desiderio di essere diverso, originale, particolare, ecc…Ecco quindi una massa integrata di un’innumerevole quantità di autocoscienze irripetibili, esteticamente uniche. Il risultato, che conferisce tono alla contemporanea volgarità democratica, è una massa di soggettività ovvero un soggettivismo di massa: tutti identici nella loro pretesa di essere unici. Nel momento in cui pretendono di essere differenti, essi si confermano come appartenenti al mucchio delle mediocrità senza virtù”.

La vera eccentricità, il vero “sentirsi diverso”, ha bisogno di un “coraggio della diversità”. Rischiare di seguire una propria orbita personale significa perdere il riferimento di comodi centri gravitazionali; e spesso, per fare ciò, serve un bagaglio di esperienze e di conoscenze costruite nella solitudine dei nostri sacrifici e delle nostre stanze. Jung diceva che bisogna saper distinguere tra vera individualità e falso individualismo; è questo, senza dubbio, il difficile ma principale compito da svolgere nella nostra esistenza.

La straordinaria esperienza del mistero

Cari amici,

volevo comunicarvi l’apertura del sito www.robertodaris.it. In verità si tratta di un rivoluzionario restyling di un sito precedente con contenuti decisamente diversi. Per usare un noto riferimento dantesco, “nel mezzo del cammin della mia vita” ho sentito la necessità di cambiar pelle, un po’ come un serpente che, guarda caso, nella mitologia è sempre metafora di partenogenesi e autorinnovamento.

Per tanti anni sono stato, per tutti quelli che mi conoscevano, il fisarmonicista Roberto Daris che di lavoro insegna matematica all’università. Anche per me, fino ad una decina di anni fa, il primo pensiero dopo il caffè mattutino era abbracciare la mia cara fisarmonica e fare qualche nota per iniziare bene la giornata. Poi la metamorfosi: l’interesse per l’astrologia, la psicologia, la mitologia, la fisica quantistica, ed ecco che piano piano la mia vita ha preso una strada diversa. I miei compagni di viaggio non erano più Piazzolla, Bartok e Stravinskij ma Platone, Jung e Gurdjieff. Oggi pile disordinate di libri fanno da arredo in ogni angolo della mia casa, ed è così che ogni mattina, dopo il caffè, non posso più iniziare bene la mia giornata se non leggo o scrivo qualcosa. La musica e la fisarmonica? Non posso dire di averle abbandonate, ma di certo non sono più le priorità della mia agenda quotidiana. La cosa strana però è che, pur esercitandomi molto meno, suono meglio di prima. Questo mi fa pensare che, probabilmente, ho trovato la mia strada, quella cioè in sintonia con il “vero me stesso”.

Negli anni, dopo aver approfondito lo studio della psicologia, ho compreso che la musica e i concerti facevano parte più del destino irrealizzato di mio padre che dei miei obiettivi personali. Per lui, quello portato per la musica, che suonava il clarinetto, che balla e che canta in coro ancor oggi, io ero il vanto da esibire. Ho capito che suonare, per me, è stato un modo di stargli vicino, di dimostrargli amore, di non tradire i suoi sogni e le sue aspettative su di me. Di recente mi sono avvicinato a mio padre in un modo diverso, per esempio facendogli capire che deve essere fiero, ed io assieme a lui, delle cose che fa benissimo, come la coltura degli ulivi o la costruzione di recinti in pietra. Ed è così che entrambi possiamo dire oggi di essere felici delle cose che facciamo, liberi da tutte le inutili e dannose proiezioni psicologiche.

Il nuovo sito è stato pensato e organizzato da Alberto Lorusso, vent’anni fa mio studente ad Economia ed oggi carissimo amico che ringrazio infinitamente. L’intento è quello di condividere, con voi e con altri futuri utenti, le mie nuove passioni sugli argomenti elencati nella sezione “pagine”. Periodicamente verrà poi pubblicato un mio articolo, sul quale potremo scambiare opinioni e riflessioni comuni e di cui riceverete notifica se vi aggiungete ai “contatti”.

La mia speranza è duplice: diffondere quelle conoscenze che hanno destato in me tanta meraviglia e divulgare curiosità sui misteri dell’esistenza. Il grande Albert Einstein diceva: “Quella del mistero è la più straordinaria esperienza che ci sia data di vivere. E’ l’emozione fondamentale situata al centro della vera arte e della vera scienza. Da questo punto di vista chi sa e non prova meraviglia, chi non si stupisce più di niente è simile a un morto, a una candela che non fa più luce”.